Archivi del mese: marzo 2013

Carsharing: linee guida per amministratori locali

Il car sharing rappresenta senz’altro una buona pratica in un sistema di mobilità urbana. Tuttavia spesso appare avulso dal contesto urbano nel quale si trova ad operare……….

Nuova Mobilità 2.0: Il Diario Italiano del Trasporto Sostenibile

Il car sharing rappresenta senz’altro una buona pratica in un sistema di mobilità urbana. Tuttavia spesso appare avulso dal contesto urbano nel quale si trova ad operare. Manca in effetti, da parte degli amministratori locali come della cittadinanza in generale, la consapevolezza delle potenzialità di un servizio che di per sè non coprirà mai una grandissima fetta di spostamenti, ma la cui presenza è indispensabile per promuovere quei cambiamenti di abitudine che favoriscano l’utilizzo di modalità di trasporto più eque e sostenibili in genere.

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BCracconti: Riccardo, la passione di essere protagonista dell’azione!

Bici che passione!

La bici per me è un ricordo.

Mi ricorda quando da piccolo mio padre m’insegnò ad andarci e quando per la prima volta imparai a mie spese la lezione più importante: mai frenare con il freno davanti altrimenti si rischiano delle facciate.

Mi ricorda ancora le rotelle alzate in Corso Italia, ormai troppo grande per portarle ma anche troppo pigro per farne a meno ed infine tolte poi all’età di sei anni.

Le corse in campagna, rincorrendo ladri immaginari, cantando contro il vento il ritornello della sigla dei Chips.

Riccardo

Mi ricorda i primi chilometri fatti da solo in quelle stradine di campagna, dove ti capitava a volte di sorpassare un trattore con la bigoncia piena d’uva.

La strada con la terra secca che si alzava al passaggio della bici e la sensazione d’essere un easy rider di città sulle colline Piemontesi.
Della bici adoro il suo motore, che è anche il mio. Cuore, gambe e testa che per la via della volontà possono raggiungere mete soddisfacenti.  Sentire le ruote vibrare sull’asfalto e la catena scattare è un suono che addolcisce ogni sforzo.

Mordiamo la strada ed il tempo per la passione di essere noi stessi protagonisti dell’azione, scegliamo il nostro ritmo in base alla strada ed entriamo chilometro dopo chilometro in contatto con la natura.

Fare Circonvallazione a Monte in bici partendo da Principe per raggiungere il Righi e poi lanciarsi nel suo sterrato cercando di andare a volte alla stessa velocità del trenino rosso di Casella, fermandosi inevitabilmente a perdersi nel panorama circostante, è un divertimento che fa sorridere il cuore.

Arrivare sul Righi sul finire di Settembre ed essere avvolti da una nebbiolina tale da sentirsi catapultati in un film horror, al sicuro solo perché si è sulla propria bici.

Il monte Fasce: affrontare il monte Fasce mi fa tornare in mente l’allenamento di Rocky IV in Russia, stremante.
Andare con gli amici a Nervi, passando da Corso Italia salire per Boccadasse per passare il pomeriggio a giocare a calcio e poi rientrare in serata fermandosi da Gaggero per la sosta carburante.

Far salire sul treno le nostre prodi guerriere per portarle a Chiavari e seguire la pista ciclabile che porta a Recco, una gita che ha regalato più di un’emozione: la visita ad un maneggio di cavalli, una biscia in mezzo alla corsia e salite con pendenze considerevoli da fare più e più volte per vedere chi riesce meglio ad affrontarle ed infine una gara di rally d’auto d’epoca.

La bici può offrire questo e molto altro.

Ma non è un gioco, è un divertimento responsabile.

Trovo sarebbe molto bello poter uscire nel week-end e girare in centro con la propria bici per fare commissioni, per andare a prendere il giornale e un pezzo di focaccia o semplicemente per andare al The Space in bici perché è più comodo.

Genova è meravigliosa ma ha una fisionomia assai particolare, strade strette e sali e scendi continui.

Amo la bici ma sono sia un pedone sia un automobilista.

Da ciclista, spesso e volentieri gioco sul fatto d’essere un ibrido, quindi se possibile certi semafori rossi (briccone! n.d.r.) si saltano oppure si attraversa sulle strisce per cambiare direzione.

Da automobilista invece, m’irrito quando trovo il gruppetto di ciclisti ovviamente professionisti perché di amatoriale ormai non c’è più nessuno, che viaggia in formazione agonistica e non in fila indiana rallentando così il traffico. Superare un gruppo in formazione è rischioso per ambo le parti.

Non sono per un eccesso di burocrazia, ma credo che qualche vademecum che serva a tutelare ed a orientare il ciclista possa essere importante per dare a questa passione modo di crescere sana.

Se fosse possibile avere a Genova degli spazi e delle piste ciclabili sarebbe meraviglioso, abbiamo dei panorami e dei luoghi talmente suggestivi che sarebbe un peccato non viverli in bici.
Ed è scrivendo queste righe che proprio non posso esimermi dal riportare una citazione del sommo poeta nato a Stone Town nel 1946:

“Bicycle races are coming your way. So forget all your duties oh yeah!”

Riccardo Campora

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Biciracconti: Laura che vuole una città diversa

laura

Un giorno mamma disse: “Vai a vedere su Facebook: c’è la zia Terry intervistata al Tg3”.

Fu così che lo scoprii.

Vedo sempre zia nelle occasioni in cui la mia famiglia si raduna. Forse sono troppo poche ma sicuramente piacevoli e per me davvero importanti. In quelle occasioni non parliamo di lavoro, di stress, di quotidianità. Cerchiamo solo di passare bei momenti insieme.

L’argomento quindi non era mai venuto fuori. Quando lo scoprii rimasi sconvolta.

Mia zia era in televisione a fare un discorso su come la popolazione dovrebbe essere sensibile nei confronti degli utenti più deboli della strada, quali ciclisti e pedoni.

Le chiesi subito spiegazioni.

“Da quanto tempo? Che percorsi fai? Ma,… ci vai al lavoro? Non ci metti troppo tempo?”

No. Anzi. Faceva prima che in macchina.

Aveva trovato un modo geniale di spostarsi quotidianamente.

Non subiva lo stress del traffico, non creava traffico, faceva movimento fisico, non inquinava e non era un pericolo pubblico perché, per quanto si possa guidare bene, la macchina ti rende in qualsiasi momento un potenziale omicida.

Già.

Quest’ultima osservazione è la motivazione per cui ho preso la patente a 31 anni suonati.

La macchina ti rende un potenziale omicida.

Puoi guidare bene quanto vuoi ma basta poco, una distrazione, un imprevisto, e puoi diventare un pericolo per te e per gli altri.

Eppure tutti mi continuavano a dire:” Prendi la patente! Vedrai che ti cambierà la vita!”.

Ora che ho la patente l’unica cosa che è cambiata è che ho un documento d’identità in più.

L’auto non fa per me.

Però, forse,… una bici,….

Magari una bici elettrica, pensavo, in modo da potere fare la via in cui abito, troppo ripida da percorrere quotidianamente.

Da piccola qualche volta l’ho provata con la mia vecchia mountain bike fucsia, ma è davvero sfiancante!

Iniziai quindi a cercare il mio mezzo di trasporto ideale, ma di tutte le bici elettriche che provai non ne trovai nemmeno una che mi soddisfacesse.

Finché un giorno ad Acqui la vidi.

Bella, rosa, una Montana col telaio in alluminio Made in Italy. Una delle poche, perché ora sono tutte Made in China. La presi con l’idea di elettrificarla in un secondo momento.

Ma non lo farò.

Ho fatto un grave errore.

La mia bici è troppo bella.

Non la deturperò con un motore elettrico.

Ad Acqui sono stata tre giorni.

Lì tutti vanno in bici. Se vai in macchina sei un cretino.

Le piste ciclo pedonali sono ovunque.

I vigili urbani fanno il lavoro dei vigili urbani e se ti vedono dalle strisce pedonali in procinto di attraversare la strada fermano il traffico e ti danno la precedenza.

Se hai la bici ad Acqui sei trattato come un re.

Ci sono ciclo posteggi ovunque e in centro è tutto ZTL quindi le auto non possono accedere.

Quando sono tornata a Genova mi sono resa conto che per usare la bici bisogna essere temerari. Dei veri pionieri che hanno voglia di fare parte di una massa critica che per protesta si mette a repentaglio fra le auto, gli autobus, i camion, senza la minima protezione in termini di infrastrutture e senza aiuti dagli agenti del traffico, ormai quasi totalmente assenti.

Tenterò una seconda chance.

Comprerò una pieghevole.

Ma l’idea di girare a Genova in bici spaventa me e i miei cari.

Ogni giorno parlo con colleghi, amici, automobilisti di ogni genere che confessano di non sopportare più lo stress e i costi dell’automobile ma che si sentono costretti a restare legati a quel mezzo di trasporto per motivi di sicurezza.

Una giungla. La mia città è una giungla. Vince il più prepotente. Quello con l’auto più grossa, che se ti da dentro non si fa tanto male lui, ma a te ne fa, e anche parecchio.

Gli incidenti mortali di ciclisti uccisi da automobilisti nelle grandi città sono in costante aumento, come in costante aumento sono i furti.

“Se andare in bici fosse più sicuro e più lontano dallo smog del traffico tu lasceresti la macchina per la bici per gli spostamenti in città?”.

Il 90% risponde ”Sì. Inizierei da subito!”.

Sognamo tutti una città più vivibile, a misura d’uomo, meno pericolosa, più serena.

Sognamo tutti di arrivare al lavoro con la sensazione di essere in vacanza perché il viaggio per arrivare è stato stupendo, salutare, ecologico ed emozionante.

Sognamo tutti di arrivare al lavoro presto, di percorrere una strada abbastanza lentamente per vedere l’alba al mattino d’inverno, sentire il profumo degli alberi, vedere il mare, ascoltare il suono dei gabbiani, incontrare persone, condividere il percorso, e alla fine presentarci in ufficio con un bel sorriso stampato in viso.

Come si fa?

Voglio una città così.

Laura Ferrarini

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