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Nell’inferno d’acqua nascono gli angeli del fango; e le biciclette resistono

Genova si è trasformata in un’ora in un inferno di acqua e fango: dappertutto scene di tragedia e di desolazione, di corpi alla ricerca della salvezza, di veicoli animati trascinati dal caso come zombie assassini, tra liquami gasolio e ratti.

Ma basta un giorno per veder nascere dal fango gli angeli spalatori: migliaia di ragazzi provenienti da tutta la città animano con il loro entusiasmo quei luoghi; il lamento ed il pianto cedono il passo alle grida  di incitamento dei propri compagni di lavoro, ai cori plasmati per l’occasione, agli applausi degli anziani e di chi non ha potuto dare una mano.

Questi giovani dimostrano la voglia tangibile di avere la possibilità di contare qualcosa, di dare un contributo concreto al cambiamento, per quel che gli è dato fosse solo per un giorno.

Le nuove generazioni, che spesso sono tacciate di non avere ideali, di pesare sulle proprie famiglie, e di perdere il proprio tempo tra musica e computer, ci hanno mostrato tutto il loro senso di responsabilità e di appartenenza alla propria città lasciando a casa la comodità ed inforcando una pala.

Questo dona un respiro di sollievo a chi crede che ci sia ancora tanta strada da fare per rendere questa città più vivibile, per noi che ci viviamo e per le nuove generazioni, e che cerca incessantemente una tensione verso questo nuovo equilibrio.  Sapere che le nuove generazioni possano infervorarsi per il bene comune dà veramente molta speranza ed un senso di benessere.

E la vivibilità si estrinseca in molteplici aspetti, tra i quali giocano un ruolo fondamentale quelli legati al rapporto con la natura ed alla sua riscoperta, alla sicurezza, alla qualità del proprio tempo libero, alla comodità ed alla qualità degli approvvigionamenti, alla presenza di spazi aperti fruibili da tutti.

E questi aspetti mal si conciliano con la realtà odierna, fatta di interessi vecchi e privati, di privilegio della proprietà privata su quella condivisa; simbolo di questa follia tutta moderna è l’automobile in nome del cui interesse vengono realizzate le opere più avide di territorio, così prezioso soprattutto in una città come la nostra.

Ed è proprio l’automobile che abbiamo visto venerdì scorso diventare padrona incontrastata ed autonoma degli spazi, cavallo imbizzarrito e scosso che corre la sua corsa disperata senza potersi porre il problema se sul suo cammino c’è un passante, inerme di fronte al suo peso incontrastabile od un bambino che cerca riparo con la propria madre in un portone.

E abbiamo visto molte persone impossibilitate a fare a meno della propria auto anche in condizioni che sarebbero al limite anche per mezzi militari;  così come autisti che hanno sfidato metri d’acqua pur di salvare il loro mezzo, forse più importante della propria stessa vita in quel momento. Abbiamo dovuto constatare anche l’alto valore di quei mezzi trasformarsi in danno ai singoli ed alla collettività.

Questo è il modello che vorremmo veder cambiare, non subito, con il tempo necessario a tutte le grandi sfide epocali senza peraltro rinunciare all’auto, che può trasformarsi da mezzo privato a mezzo a chiamata a prezzi equi od a mezzo noleggiabile in situazione di bisogno reale, od almeno ridursi in numero per chi ne ha realmente bisogno e trasformarsi in mezzi meno inquinanti e sempre meno ingombranti.  E qualcosa in questo senso sta già cambiando qui a Genova, anche se per ora auto e moto fanno da padrone  ma il trand sta cambiando.

auto versus bicicletta

Ma d’altra parte abbiamo anche visto giovani angeli rinunciare alla quiete domenicale per imbrattarsi nel fango con i propri amici, e questo è lo spunto che vogliamo cogliere come slancio di rinascita.

In particolare crediamo nello sviluppo di una mobilità nuova, in linea con le necessità primarie dell’individuo e del suo convivere in modo sano a stretto contatto con gli altri cittadini: perché la mobilità racchiude in sé quegli aspetti di vivibilità che possono davvero migliorare la qualità della nostra vita.

Immaginiamo la città come un luogo dove la possibilità di muoversi con mezzi veramente compatibili con la salute propria e pubblica da un suo capo all’altro o semplicemente dalla casa al posto di lavoro possa diventare una risorsa, un tempo libero di qualità anziché un motivo di pericolo e di stress ed un tempo di fatto sottratto al proprio benessere. Anche a costo di rinunciare a qualche, peraltro non sempre veritiera, comodità.

Ma questo, soprattutto a Genova, ha bisogno di persone che ci credano profondamente, che lo vivano tutti i giorni in prima persona contagiando con il loro entusiasmo gli altri attoniti concittadini; che abbiano la forza e la voglia di chiedere un servizio di mobilità pubblica all’altezza delle loro aspettative, che possa venire incontro alla richiesta di mobilità ciclistica o “dolce” con nuovi impianti o col potenziamento degli esistenti e con nuove forme di tariffazione che tengano conto di questa modalità che è veramente nuova solo in città come la nostra, sia per la mancanza di fantasia che per la prepotenza di vecchi privilegi.

Vogliamo cogliere questa alluvione come una occasione di rinascita nella giusta direzione.

Una nota positiva in chiusura:

la bici magari si infanga:

ma resiste bene alle alluvioni:

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